Palle cinesi – La mia autobiografia 15 capitolo

Nel 2004, ho scritto la mia auotobiografia. L’intenzione era quella di parlare delle tante esperienze sul palco, e di tutto ciò che ruota attorno al mondo della musica, ma scrivendolo mi sono accorto di avere molti argomenti della mia vita privata che avrebbero potuto interessare alle persone che mi seguono ed ho voluto condividerli con loro.

“Palle cinesi”, così si chiama il libro (Allori ed.) parla della mia vita e delle mie esperienze da quando ero bambino fino a quando ho fondato la band.

Per ragioni di privacy alcuni nomi sono stati cambiati con nomi di fantasia.

“Conosco e sono amico di Titta da tempo. Con lui e la sua musica ho passato tanti momenti piacevoli da arrivare egoisticamente a considerarlo un menestrello quasi privato,come se cantasse solo per me e si dedicasse solo al mio divertimento. Mai però avrei pensato che la sua sfrontatezza e la voglia di mettersi a nudo l’avrebbe portato a regalarci la storia della sua vita. Una storia di piccole storie,di gente comune lontana dal passaggio dei grandi eventi.Una vera e propria autobiografia. Simpatica e gradevole. Densa di episodi vissuti,ricordi semplici e forse apparentemente insignificanti, ma veri,come vero e pieno è il suo bisogno di mettersi alla prova e di vivere esperienze sempre nuove. Raccontare di sè è un momento importante,una dichiarazione dei propri sentimenti e stati d’animo che serve a capire meglio se stessi e aiuta gli altri a comprenderci. Impone un lavoro di recupero e trasmissione della memoria,che significa entrare nell’intimo dei ricordi e del proprio vivere quotidiano. A costo di riportare a galla anche episodi dolorosi del proprio vissuto. E’ un segno di grande generosità e vi ritrovo appieno il Titta che conosco”.

(Enrico Laghi)

CAPITOLO 15

“Qualcosa di bello”

Nell’ambiente della facoltà di psicologia, durante un pranzo alla mensa, avevo conosciuto una ragazza della provincia di Benevento. Mi stette subito simpatica e cominciammo a frequentarci.

Anzi diciamo che io cominciai a frequentare il “suo” gruppo. Erano quattro ragazze che abitavano insieme in un appartamento nel quartiere S. Lorenzo, e venivano tutte dalla provincia di Napoli, Salerno e Benevento. Un giorno Francesca mi invitò a cena a casa loro. Quando arrivai, mi presentò un’ amica che era venuta a Roma a far loro una visita. Notai subito la bellezza della sua amica, che si chiamava Loredana. Era la tipica bellezza mediterranea: mora, con i capelli ricci e con gli occhi neri,neri. Somigliava molto a quell’attrice che interpretava una ragazza greca, nel film “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores. Incominciammo a cenare.

Ero attratto da Loredana . Parlando con lei mi resi conto però, che mettermici insieme non era nella mia testa .

L’unico pensiero era quello di conoscerla, parlare con lei. Alla fine della serata ci salutammo come due buoni amici ,sapendo che ci saremmo rivisti la sera successiva ad una festa di alcuni amici di Francesca.

Il giorno dopo andai a quella festa. Ero molto tranquillo. Sapevo che avrei visto Loredana, ma non ero emozionato come in altre circostanze e non mi ero messo a pensare a cosa avrei dovuto dirle o in che modo mi sarei dovuto presentare. Dentro di me non mi rendevo assolutamente conto che da lì a poco sarebbe iniziata la mia seconda “storia” più importante.

Nella mia vita mi sono innamorato due volte, e in entrambe è stato tutto così meravigliosamente spontaneo e naturale.

Quella sera parlammo molto. Ci avvicinammo sempre di più, e dopo un po’ me la ritrovai tra le braccia. Io continuavo a parlare, cosi lei si avvicinò con le labbra verso la mia bocca. La baciai appassionatamente.  Fu così che iniziò la mia storia con Loredana . Lei quella sera rimase a dormire da me, sfruttando il fatto che ero solo a casa in quel fine settimana. Quei tre giorni sono stati senza dubbio il periodo più bello che io abbia mai trascorso con una ragazza. Rimanemmo sempre a letto senza rivestirci,e senza alzarci neanche per mangiare. Non facemmo l’amore “completamente”perché non se la sentiva di farlo così,subito, e io non insistetti . Era sicuramente la “botta di vita” che mi ci voleva, e quando lei tornò a casa, mi diedi da fare per trovare un lavoro. Non sapevo a chi rivolgermi, ma poi mi venne in mente la persona che mi aveva aiutato: Luciano .

Il nostro ormai era un bel rapporto damicizia, e le volte che lo avevo incontrato a fare la spesa, si era sempre raccomandato che se avevo bisogno potevo contattarlo senza problemi. Anche quella volta mi fu di grande aiuto. Mi passò il numero di telefono di un laboratorio di pasticceria che cercava un ragazzo per le consegne delle torte nei ristoranti. Presi appuntamento per il giorno dopo.  La pasticceria si trovava in una zona molto suggestiva di Roma.

Era situata in una traversa di Piazza Navona. La signora che gestiva la pasticceria mi disse che il mio lavoro era molto semplice. L’unico problema iniziale era conoscere “giro” di tutti i ristoranti a cui avrei dovuto portare le torte, ed io non essendo di Roma potevo avere qualche difficoltà. Ma la signora si dimostrò molto comprensiva, e mi disse : Non ti preoccupare Giuseppe. Stai tranquillo e pian piano capirai quello che devi fare, perché nessuno nasce imparato!”

Piazza-Navona-20328

Partivo con il Fiat Fiorino da Piazza Navona dovevo subito da fare una consegna nella zona di Via della Conciliazione,proprio di fronte al Vaticano. Poi mi dirigevo verso Viale Mazzini dove c’è la sede della RAI. Proseguivo nella zona del quartiere Flaminio, dopodiché oltrepassavo il Tevere e tutto Corso Francia ed andavo a rifornire di dolci altre zone di Roma. Non era un lavoro faticoso e l’orario era buono. Era sufficiente fare il giro una sola volta al mattino e il tutto durava tre o quattro ore. Inoltre quel tipo di lavoro mi aiutò a conoscere meglio la città. Nel frattempo il mio rapporto con Loredana continuava e si stava avvicinando il fine settimana in cui sarei andato io a trovarla.

La prima volta che ci andai fui ospitato da sua sorella. Era presto per presentarmi ai suoi genitori. Lei certo non voleva, ed io meno di lei.  Ero emozionato e sapevamo anche senza dircelo che in quei due giorni avremmo fatto l’amore “completamente”  Abitava in un paesino, e come in tutti i piccoli centri , la gente non è abituata a vedere facce nuove. Notai infatti che tutti mi guardavano facendomi sentire un po’ a disagio. Più che altro pensavo che fosse un problema per Loredana. Lei invece era molto tranquilla. Mi colpì il modo di chiacchierare dei bambini con gli adulti che non faceva risaltare di molto la differenza di età tra di loro. Verso le cinque del pomeriggio andammo a fare una passeggiata in una zona che,come mi disse Loredana,era chiamata la via degli innamorati per l’estrema tranquillità del posto tale da permettere alle coppie di vivere qualche ora in intimità.

La prossima settimana il Capitolo 16

“La via degli innamorati”