Palle cinesi – La mia autobiografia 3 capitolo

Nel 2004, ho scritto la mia auotobiografia. L’intenzione era quella di parlare delle tante esperienze sul palco, e di tutto ciò che ruota attorno al mondo della musica, ma scrivendolo mi sono accorto di avere molti argomenti della mia vita privata che avrebbero potuto interessare alle persone che mi seguono ed ho voluto condividerli con loro.

“Palle cinesi”, così si chiama il libro (Allori ed.) parla della mia vita e delle mie esperienze da quando ero bambino fino a quando ho fondato la band.

Per ragioni di privacy alcuni nomi sono stati cambiati con nomi di fantasia.

“Conosco e sono amico di Titta da tempo. Con lui e la sua musica ho passato tanti momenti piacevoli da arrivare egoisticamente a considerarlo un menestrello quasi privato,come se cantasse solo per me e si dedicasse solo al mio divertimento. Mai però avrei pensato che la sua sfrontatezza e la voglia di mettersi a nudo l’avrebbe portato a regalarci la storia della sua vita. Una storia di piccole storie,di gente comune lontana dal passaggio dei grandi eventi.Una vera e propria autobiografia. Simpatica e gradevole. Densa di episodi vissuti,ricordi semplici e forse apparentemente insignificanti, ma veri,come vero e pieno è il suo bisogno di mettersi alla prova e di vivere esperienze sempre nuove. Raccontare di sè è un momento importante,una dichiarazione dei propri sentimenti e stati d’animo che serve a capire meglio se stessi e aiuta gli altri a comprenderci. Impone un lavoro di recupero e trasmissione della memoria,che significa entrare nell’intimo dei ricordi e del proprio vivere quotidiano. A costo di riportare a galla anche episodi dolorosi del proprio vissuto. E’ un segno di grande generosità e vi ritrovo appieno il Titta che conosco”.

(Enrico Laghi)

CAPITOLO 3

“COMINCIAVO A FARE LE MIE PRIME ESPERIENZE”

Verso la fine dell’estate, i primi di Settembre, c’erano le feste paesane. Nel paese di mio padre tutti gli anni organizzavano la gara di ruzzola. La ruzzola è una specie di piccola ruota di legno che si fa ruzzolare appunto, lanciandola con forza. Per farlo si usa un pezzo di spago piuttosto lungo e resistente in modo da avvolgerla bene, poi mentre la si mette per terra sulla strada la si lancia srotolando lo spago. E si andava avanti così per tutte le strade del paese fino all’arrivo. Poi c’era un’altra usanza di cui non ricordo il nome, forse perché era piuttosto triste. Ad ogni modo consisteva nel mettere un porcellino d’india in mezzo ad un cerchio composto da piccole caselle di legno numerate, le quali appartenevano ognuna ad un giocatore. Il porcellino d’india andava ad infilarsi in una di quelle caselle e il proprietario vinceva. Ma appena veniva dato il via, tutti i partecipanti urlavano come forsennati per convincere l’animale ad andare nella loro casella e quella povera bestia rimaneva quasi sempre ferma ed immobile in mezzo al cerchio paralizzata dalla paura, prima di prendere una decisione. Nel paese di mia madre invece c’era l’orchestra di liscio e nei tavoli venivano serviti gustosi piatti tipici marchigiani. In una di quelle sere, mi presi la mia prima sbronza: verso le sette di sera, io e mio cugino Marco che veniva dal Belgio, fummo invitati a cena da nostra zia, la cugina di mia madre. Durante il pasto cominciai ad assaggiare un po’ di vino. Fino ad allora non l’avevo mai bevuto perché avevo solo dieci anni, ma quella sera non so il perché l’idea di berne mi attirò non poco, probabilmente per il clima di festa che era già nell’aria in paese sin dal giorno prima. Ne bevvi sicuramente più di un bicchiere, poi andai in piazza per la serata. Mio cugino rimase da mia zia. Quando arrivai nella piazzetta vidi una ragazza che mi piaceva abbastanza, si chiamava Renata, ed io sapevo, tramite mia cugina, che qualche giorno prima aveva chiesto notizie di me. Feci due chiacchiere con lei, poi mi mischiai tra la gente per vedere se avessi incontrato Fernanda. Non vedendola, dopo un po’ decisi di andare nella cucina della festa, dove sapevo che ci lavorava sua madre. Pensai che potesse essere là, ma non la vidi, anzi sua madre mi disse che anche lei la stava cercando. Mi offrì un piatto di penne all’arrabbiata e un bicchiere di vino. Questa volta rosso. Dopo il terzo bicchiere cominciai a sentirmi un po’ più leggero e la cosa non mi dispiaceva per cui ne bevvi ancora, anche perché la mamma di Fernanda continuava ad offrirmi le penne che erano molto piccanti. Ero sbronzo marcio. Andai al Dancing e cominciai a parlare con un tipo mai visto prima, ma al quale come piaceva Ivan Graziani,e cantammo a squarciagola qualche sua canzone. Poi sempre all’interno del locale, mi diressi verso la saletta dei videogiochi. 

Li ruppi pesantemente le balle a Nicola , il fratello di Angelo “il pecoraro”, che stava giocando a flipper. Verso la metà di Settembre quando tornai a Ravenna, un pomeriggio mi trovai a casa da solo. Cominciai a pensare all’estate appena conclusa e a quanto mi ero divertito, poi inevitabilmente pensai a Fernanda. Il suo viso e la sua bellezza non svanivano dalla mia testa e dalla mia memoria, avevo sempre ben chiara e limpida la sua immagine dentro di me. Poi cominciai ad eccitarmi ed ebbi un erezione. Ricordo che rimasi soddisfatto da ciò che mi stava accadendo. Mi sembrava una cosa da “vero uomo” . Poi rimasi in attesa di qualcosa, ero eccitato sì ma non sapevo cosa fare. Non mi ero mai masturbato prima di allora. Durante l’estate appena trascorsa, all’interno di una casa diroccata a ridosso del fiume, io e mio cugino avevamo trovato un giornale pornografico. C’erano diverse foto di uomini e donne intenti a fare sesso e alcune pagine erano appiccicate tra loro. Parlammo di come si faceva . Lui l’aveva già fatto un paio di volte e mi disse come dovevo fare, ma non avevo ancora avuto modo di provare. Provai quel pomeriggio. Iniziai ad accarezzarmi il pene e a muoverlo sù e giù dolcemente. Intanto pensavo a Fernanda. Poi per eccitarmi un po’ di più presi dal cassetto della scrivania un calendarietto profumato che avevo preso di nascosto dal barbiere, c’erano raffigurate delle foto di donne nude. Una per ogni mese. Devo dire che all’inizio ero piuttosto scettico, non provavo nulla di che, ma poi, pian piano cominciai a sentire un piacere che mi aggerdiva piacevolmente fino alle gambe, e cominciai ad aumentare il ritmo. Alla fine sentìì un ulteriore piacere quando mi uscì lo sperma.

Rimasi sorpreso perchè nei giornali porno avevo visto un sacco di liquido bianco, mentre a me era uscita a malapena una goccia per cui rimasi un po’ dubbioso. Ma poi non ci pensai più. Pensai solamente che mi era piaciuto molto. Franco Battiato in una sua conzone descrive la masturbazione in modo magistrale e poetico: “La prima goccia bianca che spavento…e che piacere strano..è un innamoramento senza senso per legge naturale a quell’età..” Io mi sentivo proprio così, dapprima un po’ spaventato. Poi innamorato. Ma di nessuna.

Verso la metà di Settembre iniziava la scuola e non mi è mai piaciuto andarci. Ancora oggi non riesco a capire come può un ragazzo,nel periodo migliore della sua vita in cui comincia a scoprire tutto quello che c’è al mondo, starsene chiuso in casa dei pomeriggi interi a studiare. Ogni volta che entravo in classe ero completamente terrorizzato. Avevo sempre un tonfo perenne allo stomaco. Oggi penso che sarebbe bastato studiare in modo da essere preparato quando mi interrogavano, per non avere paura. Ma allora non lo sapevo. Non me ne rendevo conto. Per me era più importante pensare al calcio e alle ragazze.

E’ bellissimo non andare più a scuola.

L’unico personaggio della storia che mi rimase impresso fu Masaniello. Masaniello era un pescivendolo napoletano che mise su una vera e propria rivoluzione contro i ricchi nobili che regnavano in quel periodo. Mi colpì perché fece tutto da solo inizialmente e poi riusci a coinvolgere tutti gli abitanti che come lui non avevano gli stessi diritti dei ricchi. E alla fine vinse. L’unica materia che mi piaceva era Italiano. Ero molto bravo a scrivere i temi, lo diceva sempre anche la mia maestra e tutte le altre insegnanti che ho avuto. Mi piaceva molto scrivere, di qualsiasi argomento. Quando la maestra ci dava un tema da svolgere, io non lo vedevo come un compito. Per me era puro divertimento. Alcuni tra i miei compagni cadevano nella più totale disperazione perché non sapevano cosa scrivere, mentre davanti ad un problema di matematica lo risolvevano in due minuti (io non ne sarei capace neanche oggi..) Per me scrivere un tema era una vera e propria goduria. Come giocare a pallone.

Masaniello_ritratto_da_micco_spadaro

Il mio amico e vicino di casa Roda, (con il quale negli anni a venire avrei fondato TITTA E LE FECCE TRICOLORI) giocava nelle giovanili del Bologna calcio. Era molto bravo e quando militava negli “allievi” era stato compagno di squadra di Pagliuca, e aveva incontrato come avversario, quando aveva giocato contro i ragazzi del Milan, un certo Paolo Maldini. Faceva però una vita d’inferno. Frequentava la scuola per diventare ragioniere, per cui uno studio molto impegnativo. Al pomeriggio per ben quattro volte la settimana andava in treno da Ravenna a Bologna per fare gli allenamenti, poi la sera quando rincasava, con le forze residue doveva studiare.

Una volta litigò con i suoi genitori perché non ce la faceva più a fare quella vita. Le urla di suo padre si sentivano per tutto l’isolato. Roda diceva che non ce la faceva più a portare avanti entrambi gli impegni, e che quindi avrebbe voluto lasciarne uno. Ma suo padre non ne voleva sapere e lo scontro andà avanti senza trovare una soluzione a tal punto che Roda una notte scappò di casa.

Vagò per un paio di giorni per la città, con una gran paura di tornare a casa. Poi si riappacificò telefonicamente con suo padre e la cosa si risolse nel migliore dei modi. Sempre durante il periodo delle vacanze, l’azienda per cui lavorava mio padre organizzava campeggi estivi. Per i più piccoli c’era la colonia. Tra tutte le cose per cui devo ringraziare i miei genitori, una di queste è sicuramente il fatto che mi mandarono in colonia.  Prima di tutto per i posti incantevoli che ho visitato grazie ad essa, come ad esempio il parco nazionale d’Abruzzo, o le Dolomiti. Poi perché in questo modo, fin da piccolo ho conosciuto ed ho cominciato a relazionarmi con ragazzi di ogni regione d’Italia, molti del sud, aiutandomi a non avere pregiudizi nei confronti di alcuno. La volta che mi divertii di più fu sicuramente l’estate del 1982, l’anno in cui la Nazionale Italiana di calcio vinse i Mondiali in Spagna. Dal quel giorno gli italiani cominciarono a chiamare il campionato del mondo “Mundial” proprio perché si giocava in Spagna. A tutt’oggi anche se il mondiale venisse organizzato in Ucraina, continuerebbero a chiamarlo “Mundial”!

Quell’anno andai in campeggio, avevo tredici anni e quindi mi avevano messo tra i “grandi”. I successi musicali del momento erano “Tanz bambolina” di Alberto Camerini e “Centro di gravità permanente” di Franco Battiato. Il giorno della partenza coincideva con la finale del campionato del mondo. Non ero molto interessato all’evento poiché mai avrei pensato che la Nazionale italiana sarebbe arrivata in finale. Ed invece l’incredibile si avverò. L’Italia, dopo la partita con l’Argentina di un Maradona ancora acerbo, e quella col Brasile che a tutt’oggi rimane la partita in cui ho sofferto e gioito di più, arrivò in finale. Quel giorno sarei dovuto partire per Roma da Bologna in treno. Poi dopo aver dormito nella capitale avremmo dovuto prendere il pulman per l’Abruzzo. Partìì nel pomeriggio dalla stazione di Bologna, dove due anni prima, c’era stata una terribile strage fascista in cui morirono 85 persone.

Camerini1

In quegli anni non c’erano i treni inter-city, e per andare da Bologna a Roma in treno, l’espresso impiegava cinque ore. Sapevo che mi sarei perso l’inizio della partita. Arrivammo alla stazione Termini verso le 20.30, proprio all’inizio del match. Posso dire di essere una delle poche persone ad avere visto Roma completamente deserta. Non saprei dire in quale altra occasione della storia una città così grande ed importante sia stata così vuota. Durante il tragitto in pulman, incrociavamo solo autobus di linea dove alla guida gli autisti avevano tutti la radiolina appiccicata all’orecchio, ed i mezzi erano completamente vuoti.

Poi versò la metà del primo tempo, il nostro autista, anch’esso munito di radio, frenò di colpo e cacciò un urlo disumano : “Rigore!!!”. Ci radunammo tutti attorno a lui ed aspettammo trepidanti il tiro dal dischetto. Quando sentimmo che Cabrini calciò fuori,ci furono scene di disperazione colletiva e ci lasciammo andare ad atti di vandalismo.

Arrivammo in albergo per l’inizio del secondo tempo. Bergomi con i baffi sembrava grandissimo di età. Per me poteva avere sui 40/42 anni. A pensarci adesso è davvero incredibile che ne avesse soltanto 18. Dimostra meno ora che ne ha più di 40! Poi ci godemmo il trionfo. Andammo a festeggiare fuori dall’hotel. Ovviamente gli animatori (così si chiamavano i nostri accompagnatori) non ci lasciarono andare in giro per la città, così rimanemmo ai bordi della via principale a guardare i caroselli delle auto, facendo anche noi un fracasso incredibile con pentole e mestoli. Poi per tutta la notte festeggiammo in albergo. Quella fu la prima notte che passai completamente in bianco.

Italy soccer team poses before the start of the soccer World Cup final against West Germany, in Madrid, on July 11, 1982. Italy went on to win the cup. From left, back row: Zoff, Graziani, Bergomi, Scirea, Collovati, Gentile; front row: Conti, Rossi, Oriali, Cabrini, Tardelli. (Ap Photo/Carlo Fumagalli)
Italy soccer team poses before the start of the soccer World Cup final against West Germany, in Madrid, on July 11, 1982. Italy went on to win the cup. From left, back row: Zoff, Graziani, Bergomi, Scirea, Collovati, Gentile; front row: Conti, Rossi, Oriali, Cabrini, Tardelli. (Ap Photo/Carlo Fumagalli)

Non chiusi occhio neanche neanche un minuto e non l’avevo mai fatto prima. Ingaggiammo una battaglia a cuscinate con la camera attigua alla nostra, poi a notte fonda, quando tutti dormivano, io e un ragazzo di Massa Carrara, ci recammo di nascosto nella camerata al piano superiore dove c’erano le ragazze. Entrammo pian piano in una di queste e vidi lo spettacolo piu bello della mia vita. C’erano 30/40 ragazze nella stanza. Molte di loro dormivano nude e senza lenzuola. Decidemmo di spingerci oltre, anche perché avevamo ancora l’adrenalina in corpo per la vittoria Mondiale, e ci avvicinammo al letto di una di esse, che dormiva con i seni scoperti. Non riuscimmo a trattenerci.

Ci mettemmo uno da una parte e uno dall’altra, poi rimanendo così in piedi cominciammo ad accarezzare il seno della bella addormentata, che oltretutto era piuttosto grosso. Cominciammo a palpare una tetta a testa. Poi dopo poco lei fece una smorfia di piacere e cominciò a dimenarsi. Così per paura che si svegliasse, ci allontanammo. Mi trovai sulla soglia, uscendo per secondo, e una delle ragazze che evidentemente si era svegliata e probabilmente aveva visto la scena, sbattè la porta dietro di me con tutta la forza che aveva, tanto che per poco non mi spezzò una mano. Dopo venti giorni, durante il viaggio di ritorno dal campeggio, baciai con la lingua una ragazza per la prima volta. L’avevo conosciuta durante quei giorni di vacanza, ma per tutto il periodo del campeggio non ci eravamo mai baciati. Era successo che una notte io, il ragazzo di Massa Carrara, e un nostro amico siciliano decidemmo di fare una “fuga” dal nostro campeggio e di andare in quello femminile che si trovava a qualche centinaio di metri di distanza, all’interno del bosco. Nel pomeriggio ci eravamo accordati con le nostre rispettive ragazze, che dormivano tutte nella stessa tenda. Saremmo andati da loro. Mentre eravamo dentro la tenda, dopo pochi minuti che ci erano bastati per creare un clima di intimità, mi vidi puntare una luce fortissima negli occhi che quasi mi accecò sul momento. 

Capimmo che era un’animatrice che si era accorta della nostra presenza, così scappammo di filata senza che lei riuscisse a vederci bene in faccia e a riconoscerci. L’indomani la direttrice del campeggio radunò tutti noi ragazzi e ci disse che se non fossero saltati fuori i responsabili di quell’exploit avrebbe vietato a tutti i maschi di vedere le femmine anche di giorno, fino alla fine del campeggio. Ma alla fine della vacanza mancavano ancora dieci giorni, per cui decidemmo tra di noi di ammettere le nostre responsabilità. Se non altro per non danneggiare gli altri ragazzi che non avevano nessuna colpa. Ci presentammo insieme nella tenda della direttrice e confessammo. La cosa si risolse nel migliore dei modi, e la direttrice apprezzò molto il nostro coraggio.

Ad ogni modo durante il viaggio di ritorno da Roma, tra una galleria e l’altra, ci baciammo. Ricordo che lei ogni tanto mi mordicchiava il labbro, ed io un po’ coglione le dicevo di smettere, di non fare così, senza rendermi conto che anche quel suo mordicchiare facevaparte dei baci. Era l’estate del 1982. Di lì a poco avrei cominciato a frequentare la terza media.

La prossima settimana il Capitolo 4

“Le medie”