Palle cinesi – la mia autobiografia 5 Capitolo

Nel 2004, ho scritto la mia auotobiografia. L’intenzione era quella di parlare delle tante esperienze sul palco, e di tutto ciò che ruota attorno al mondo della musica, ma scrivendolo mi sono accorto di avere molti argomenti della mia vita privata che avrebbero potuto interessare alle persone che mi seguono ed ho voluto condividerli con loro.

“Palle cinesi”, così si chiama il libro (Allori ed.) parla della mia vita e delle mie esperienze da quando ero bambino fino a quando ho fondato la band.

Per ragioni di privacy alcuni nomi sono stati cambiati con nomi di fantasia.

“Conosco e sono amico di Titta da tempo. Con lui e la sua musica ho passato tanti momenti piacevoli da arrivare egoisticamente a considerarlo un menestrello quasi privato,come se cantasse solo per me e si dedicasse solo al mio divertimento. Mai però avrei pensato che la sua sfrontatezza e la voglia di mettersi a nudo l’avrebbe portato a regalarci la storia della sua vita. Una storia di piccole storie,di gente comune lontana dal passaggio dei grandi eventi.Una vera e propria autobiografia. Simpatica e gradevole. Densa di episodi vissuti,ricordi semplici e forse apparentemente insignificanti, ma veri,come vero e pieno è il suo bisogno di mettersi alla prova e di vivere esperienze sempre nuove. Raccontare di sè è un momento importante,una dichiarazione dei propri sentimenti e stati d’animo che serve a capire meglio se stessi e aiuta gli altri a comprenderci. Impone un lavoro di recupero e trasmissione della memoria,che significa entrare nell’intimo dei ricordi e del proprio vivere quotidiano. A costo di riportare a galla anche episodi dolorosi del proprio vissuto. E’ un segno di grande generosità e vi ritrovo appieno il Titta che conosco”.

(Enrico Laghi)

CAPITOLO 5

“Le superiori”

La scuola intanto andava così così. Studiavo solo le materie che mi interessavano,e il giudizio generale espresso da tutti i miei insegnanti, faceva intuire che avrei potuto fare di più se mi fossi applicato. Ma non mi applicavo. Sono andato a rileggere le pagelle e voglio riportare fedelmente due tra i giudizi espressi dagli insegnanti di quel periodo nei miei confronti : “Il comportamento è corretto, ma è piuttosto vivace. Segue abbastanza le lezioni, ma è incostante nell’impegno, non sfruttando in pieno le sue reali possibilità” Ed. Tecnica . “Alunno per lo più sempre distratto e indaffarato a chiacchierare. Il suo profitto non raggiunge la sufficienza” Matematica e Scienze. Alla fine dei tre anni fui promosso con sufficiente, e ricordo che prima di fare l’esame di terza media, avevo una paura fottuta. Il sentimento che provavo era uno solo: Terrore. Alla fine però il tema alzò la media e fui promosso. A questo punto dovevo decidere che scuola fare dopo le medie. Anzi a dire il vero non ne volevo sapere di andare ancora a scuola, avrei preferito lavorare, ma tutti gli altri proseguivano. Per cui lo feci anch’io per non sentirmi da meno. Decisi che avrei frequentato l’Istituto professionale alberghiero, poiché seppi che era frequentato da molte ragazze, e perché non c’era matematica.

Scelsi di fare il corso per diventare cuoco. Il lavoro del cuoco è veramente un gran mestiere. Puoi girare il mondo, guadagnare un sacco di soldi e smettere per poi ricominciare quando ti pare. Se sei un buon cuoco hai davvero un signor mestiere in mano.

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Ma quando avevo 17 anni non potevo capirlo e soprattutto non mi interessava. Feci il primo anno direi brillantemente, e fui promosso con ottimi voti. Mi piacevano molto le lingue straniere che nel nostro ramo erano molto importanti: Inglese e francese. Quando feci la prima stagione lavorativa come aiuto cuoco in un albergo a Milano Marittima, mi accorsi però che quel lavoro non faceva per me. Soprattutto per gli orari. Mi resi conto col passare del tempo che se avessi continuato a fare quel mestiere, avrei lavorato nelle ore e nei giorni in cui gli altri erano in vacanza. E questo non mi andava giù.

Il mio giorno libero era il lunedì, e di lunedì non c’era mai una cazzo da fare! Mi sentivo un emarginato sociale. Quello stesso anno però, paradossalmente trascorsi l’estate più bella della mia vita. L’albergo per cui lavoravo era situato vicino ad un campeggio. Una sera incontrai un mio amico di Ravenna che alloggiava proprio in quel campeggio. Mi invitò ad entrare per trascorrere la serata con lui, e mi fece conoscere il suo gruppo di amici.

Il successo musicale del momento era “Self Control” di Raf.

Dopo una settimana conoscevo tutto il campeggio. Spesso mi fermavo a dormire in qualche roulotte di un amico e il mattino andavo a lavorare in Hotel. Dopo qualche settimana quando entravo nessuno dei guardiani mi chiedeva più i documenti, perché pensavano che anch’io fossi del campeggio. Ero un infiltrato. Fu davvero bella quella estate perché i ragazzi che conobbi erano davvero simpatici e passavamo notti intere raccontandoci barzellette davanti ad un piatto di spaghetti.

Una sera passai la nottata nella tenda di un ragazzo di Modena. Eravamo in cinque. Oltre a me e il mio amico modenese c’erano tre ragazze. Dopo avere chiacchierato, raccontato barzellette e avere detto quello che di curioso ci era successo fino a quel momento, decidemmo di raccontare la cosa più bizzarra e più imbarazzante che ci fosse mai accaduta. Una delle tre ragazze raccontò un fatto davvero raccapricciante.

Una sera aveva conosciuto un ragazzo in discoteca. Costui a fine serata riuscì a convincerla ad andare a casa sua.

Quando furono nell’appartamento le disse che voleva fare l’amore in un modo un pò particolare. Le disse che avrebbe voluto legarla al letto per le mani e per i piedi con lo spago.

Lei in principio tentennò, non era molto convinta, ma dopo varie lusinghe da parte di lui accettò. Questo tizio dopo averla legata completamente nuda, defecò sul collo della ragazza e si masturbò guardandola!

Nel campeggio conobbi Franca , una splendida ragazza di Bologna.Franca era quel che si dice “un gran pezzo di fica”, ed era capitata a me. Era molto bella , troppo bella….E questo era un problema. Era chiaro che c’era del tenero tra noi, io le “ronzavo” attorno da una decina di giorni, e lei non faceva niente per impedirmelo. Ma quando arrivò il momento di concludere, quando era chiaro che avevamo esaurito tutti i discorsi e che quindi era ora che ci provassi….Io non ci provai. E’ difficile spiegarlo, ma nonostante quella ragazza mi piacesse molto (seppi qualche anno più tardi che faceva la fotomodella a Milano) non ebbi il coraggio di “concludere” perché per me era troppo bella. In quegli anni non avevo ancora imparato a gestire la bellezza. Durante il mese di agosto vennero a trovarmi Roda e Lele. Casualmente quando entrarono nel campeggio,la prima persona che videro fu proprio Franca , che rientrava dalla spiaggia dopo essere stata con me. Le chiesero se mi conosceva e se sapeva dove mi trovavo in quel momento. Lei rispose che mi conosceva benissimo e che ero andato a fanculo!

Alla fine dell’estate cominciai a frequentare il secondo anno. Eravamo molti di meno rispetto all’anno precedente poichè diversi di noi erano stati bocciati. Anche quell’ anno proseguì senza intoppi . Andavo bene a scuola, prendevo ottimi voti specialmente nelle materie linguistiche, ed ero in testa alla classifica cannonieri del campionato regionale di calcio , settore “giovanissimi”. Non bevevo e non fumavo. Ero davvero un ragazzo “modello”.

In francese però il giudizio era falsato,nel senso che avevo 8 ma avevo copiato tutti i compiti in classe. I compiti me li passava Fabbri il secchione della classe, io in cambio gli fornivo disegni porno che facevo durante le lezioni. La signorina Peccarisi che insegnava francese, signorina per modo di dire,visto che aveva 60 anni ma la chiamavano così poiché era zitella, non si accorse mai di nulla. Vi posso assicurare che di francese non conoscevo neanche una parola.

Alla fine dell’anno successe un fatto che rischiò di vanificare tutti i miei sforzi. Poco prima degli scrutini, la nostra insegnante di Italiano, si accorse che su una parete dell’aula, apparivano numerose scritte fatte con il pennarello, le cui frasi inneggiavano a gruppi di tifoserie organizzate calcistiche, con riferimenti a squadre di calcio (Forza Milan, Juve Merda, Milanesi tutti appesi ecc). La prof. rimase indignata al cospetto di tutto ciò e andò a riferirlo al preside, il Professor Majella. Majella ci chiamò nel suo ufficio. Fece chiamare tutti e quattro i responsabili di quegli “scempi”. Era talmente sicuro che eravamo stati noi, che non fece alcun tipo di indagine e chiamò subito quelli che secondo lui erano i responsabili. E aveva ragione. Solo non ne chiamò un quinto, anche lui colpevole come noi, Valentini, che però per la paura piangeva come un neonato e decidemmo di non tirarlo dentro nella storia perché ci faceva pena.Erano in corso gli scrutini e mancava poco meno di una settimana alla fine dell’anno scolastico, ed io ero veramente nella merda. Pensavo che un voto negativo in condotta avrebbe notevolmente abbassato la mia media, che era sì sufficiente, ma non ottima. Ero terrorizzato dall’idea che mi avrebbero rimandato in qualche materia. Soprattutto in Igiene e profilassi. Non potevo neanche lontanamente pensare all’idea di dover studiare per tutta l’estate. Già stavo pregustando il pensiero che sarei tornato al campeggio e che avrei rivisto tutti i miei amici conosciuti l’anno prima. Ma mentre stavo per avere un crollo di nervi, il Preside trovò una soluzione giusta e indolore.  Ci disse che avremmo dovuto semplicemente imbiancare il muro della classe, per cancellare le scritte. Il tutto ovviamente a nostre spese e potevamo farlo subito dato che l’anno scolastico stava per concludersi e le aule erano vuote. Altrimenti ci avrebbe rimandato tutti e quattro a Settembre in tutte le materie. Mi girai verso i miei tre complici e tirammo insieme un sospiro di sollievo.

La soluzione ci andava benissimo, potevamo risolvere il tutto senza alcuna ripercussione sull’andamento scolastico. Io però ero l’unico ad essere sicuro che sarei stato promosso, mentre gli altri erano comunque spacciati. Per cui quando verniciammo il muro, anzi tutta l’aula, perché a quel punto c’era una lieve differenza di tonalità di grigio e noi improvvisati imbianchini non potevamo tollerarlo. Loro lo fecero più che altro per salvare me. E fu un bel gesto.Mentre imbiancavamo , che comunque in fin dei conti fu per noi un divertimento, gli insegnanti che passavano nei corridoi si soffermavano ad osservare il nostro operato.  Il più stronzo di tutti, il prof. Acanfora di applicazione tecniche, si lasciò andare ad un commento che confermò la sua stronzaggine: “Beh…..Se se non vi dovesse andare bene come cuochi, nella vita, avete sempre un ottimo futuro come imbianchini..”

Ad ogni modo l’estate trascorse benissimo e mi divertii un sacco com’era nelle previsioni. All’inizio dell’anno scolastico successivo, in Ottobre, nelle prime giornate veramente fredde, conobbi Marchetto.,uno dei primi metallari della città. Roda. mi aveva registrato qualche cassetta di Bruce Springsteen che lui adorava come un Dio, ma quando Marchetto. mi fece conoscere l’heavy metal, presi la mia strada. Il primo vinile che ascoltai fu “The Eagle has landed” dei Saxon. Subito dopo mi fece ascoltare “Bark at the Moon” di Ozzy Osbourne. Poi Gli Iron Maiden ed altri, e in quel momento penso che provai la stessa sensazione che prova un aspirante prete quando realizza di sentire la vocazione per la chiesa.Il passo seguente fu quello di farmi crescere i capelli (cosa non facile, visto che facevo il cuoco e i professori mi rompevano dicendo di tagliarmeli) di mettermi l’orecchino e di portare bracciali con le borchie .

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Essere un “metallaro” però non era semplicissimo. Soprattutto per via degli sguardi della gente, che non era ancora abituata a vedere dei ragazzini vestiti di pelle anche d’estate e con le borchie fin sopra i capelli. E poi si erano formate delle vere e proprie mode che oggi chiamerebbero “tendenze” in cui più o meno tutti quelli della mia età si riconoscevano. C’erano i “Paninari” cioè i “fighetti” o “cremini” che vestivano col piumino “Moncler” e le Timberland ai piedi.

C’erano i “Dark” che ascoltavano musica molto tetra e dark appunto, tipo i “Cure” o i “Joy Division” . C’erano i Punk con le loro creste, i Rockabilly che ascoltavano musica rock’n’roll anni ’50 e vestivano all’americana con i capelli tutti ingellati che gli formavano la famosa “banana”. E poi c’eravamo noi, i “metallari”, tutti bravi ragazzi, che al massimo ci prendevamo qualche sbronza, e niente di più, ma venivamo additati come dei drogati o comunque gente da cui diffidare, per il modo in cui vestivamo , per lo più dalle madri delle ragazze, che mai al mondo avrebbero voluto vedere le loro figlie nelle mani di ceffi come noi. I veri drogati invece erano i “Paninari”. Non tutti chiaramente. Ma diversi tra quelli che frequentavano la piazza principale della città facevano uso di eroina. Ma nessuno sospettava di loro, perché erano sempre vestiti bene. Nel nostro gruppo c’erano solo due ragazze che tra l’altro erano sorelle. A dire il vero ce n’erano altre ma erano fidanzate con alcuni di noi, per cui intoccabili Mentre le due sorelle erano libere sentimentalmente, e di conseguenza ci provavamo tutti, ma senza successo.

Un sabato pomeriggio tutto il gruppo al completo era davanti alla sala giochi, e stavamo pensando sul da farsi per la serata. Ma non era un buon periodo perché l’estate era finita da poco. I locali estivi avevano chiuso da pochi giorni e quelli invernali dovevano ancora aprire, per cui non c’erano feste in giro. Non si sapeva davvero come passare il sabato sera, che per noi era sacro.  Trascorrerlo così senza fare niente, o semplicemente facendo due chiacchiere in una birreria per noi era un delitto. Il sabato sera era qualcosa di unico e andava venerato nel modo migliore. Quando sembrava che fossimo ormai senza speranze, uno di noi, che ascoltava musica Punk e che da poco si era unito al gruppo , probabilmente per farsi accettare da tutti gli altri , un po’ timidamente disse: Ragazzi..io stasera ho la casa libera, i miei vanno a Genova dai parenti e tornano domani”. Lì per lì nessuno di noi la prese la cosa come una grande notizia, nel senso che nessuno si aspettava chissà quale divertimento a stare in casa,visto che non avremmo potuto ballare. Ma il fatto che uno di noi aveva la casa libera era comunque molto positivo. Ma verità era che nessuno poteva immaginare che quella sarebbe stata la festa più bella di tutto il periodo post-adolescenziale. Decidemmo di fare una semplice spaghettata. Tutti avremmo portato un po’ di pasta, di pomodoro e di vino. Penso che la differenza la fece il vino, perché quella sera ce n’era davvero tanto. Nell’appartamento eravamo una ventina.  Cominciammo a mangiare gli spaghetti,e a bere il vino. Dopo un paio d’ore quando l’alcool ci salì in corpo, si scatenò l’inferno. Fu unica quella sera, perché tutti ma proprio tutti erano completamente ubriachi. Forse proprio per il fatto che non ci aspettavamo gran che da quella serata che venne “risolta” in extremis, si creò un’atmosfera davvero particolare.

La musica degli AC/DC, e degli IRON MAIDEN era al massimo del volume, e si sentiva per tutto il palazzo. C’erano alcuni che ballavano sul tavolo . Altri che tiravano gli spaghetti contro il muro. C’era chi faceva sesso con il proprio partner nelle camere da letto, e a quella età era un lusso poterlo fare comodamente in casa, e chi urlava a squarciagola ubriaco fradicio le canzoni dei nostri idoli nella tromba delle scale del palazzo. Dopo qualche ora i vicini chiamarono la polizia, e quando arrivarono i poliziotti, nessuno si spaventò e nessuno si ricompose. Anzi tutti provammo ad invitare i due agenti alla festa offrendo loro del vino. Ma essi non accettarono e ci fecero anche capire che non era il caso di fare troppo i simpatici , anche perchè F. si presentò dinanzi a loro offrendogli un bicchiere di rosso completamente nudo. Non seppi mai cosa i genitori del nostro amico gli dissero di ritorno da Genova la domenica sera. La casa era davvero in uno stato pietoso. Quando ce ne andammo, nel pavimento di tutte le stanze c’erano tre dita di birra.

La prossima settimana il Capitolo 6

“Goliardia”